Federica Missere Fontana, La Biblioteca dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti (Secoli XVIII-XX): contributo alla storia della bibliofilia modenese, Firenze, L.S.Olsckhi, 2002, XV, 216 p., ill. (Monografie sulle biblioteche d’Italia, 10).

 

Erede dell’Accademia dei Dissonanti, fondata a Modena nel 1683, l’Accademia di Scienze, Lettere e Arti, oggi Accademia Nazionale, custodisce fra le sue antiche mura una preziosa ed eccezionale raccolta bibliografica della quale lo studio di Federica Missere, bibliotecaria presso l’istituto, ripercorre con intelligenza e passione la storia, già tracciata in tempi passati dal compianto Giuseppe Cavazzuti, che una vita ha consacrato all’Accademia e ai suoi libri.

In armonia con molti dei volumi incastonati nella validissima collana, a partire da quello di Maria Luxoro sulla Marciana (1954), per non citare quello celebre, sulla Nazionale romanda di Virginia Carini Dainotti (1956), la monografia dedicata alla Biblioteca dell’Accademia geminiana insegue in ordine cronologico vicende e protagonisti lungo il corso di una lontanissima storia. Essa si inquadra in quella storia delle biblioteche intesa nella più tradizionale accezione del racconto – documenti alla mano – delle vicende istituzionali di uomini e libri, con il solo rammarico di lasciare forse in ombra e distante nello sfondo quella fitta rete dei canali e dei mille rivoli nei quali si dirama la conoscenza bibliografica, che sola irrora e nutre ogni collezione libraria.

Il nucleo originario della Biblioteca, oggi perduto, venne costituendosi relativamente tardi, intorno al 1780, grazie alle donazioni dei soci con il dichiarato intento di conservare all’interno dell’Accademia traccia delle loro opere (capitolo I. Il primo nucleo della Biblioteca, pp. 1-2).

Le soppressioni napoleoniche e il periodo della Restaurazione rappresentarono anche per la Biblioteca dell’Accademia uno spartiacque, che vide l’ingresso di cospicui fondi librari – prima appartenuti a conventi e monasteri modenesi – fra i quali meritano particolare attenzione i libri dei benedettini di San Pietro, quelli del convento dei domenicani e quello dei barnabiti; ad essi si affiancarono presto i volumi di associazioni ed altre accademie cittadine, come la Società di Arti meccaniche o l’Accademia di belle arti, eretta nel 1786, ma già ricca di libri, raccolte di incisioni, altre private librerie, come quella raccolta da Pier Filippo Bozzoli e specializzata in architettura (capitolo II. Il periodo napoleonico e la Restaurazione. La Biblioteca dell’Accademia di belle arti formata con le biblioteche di conventi modenesi soppressi, pp. 3-18).

Fu durante l’Ottocento, che la Biblioteca accademica aumentò in quantità e qualità, complici non solo il versamento delle biblioteche private di alcuni illustri soci, tra i quali spiccano i nomi del marchese Luigi Rangoni, del conte Guido Bellentani, del conte Luigi Boschetti e del giureconsulto Giuseppe Gerez, ma anche la pubblicazione nel 1833 delle “Memorie”, che aprivano un’intensa stagione di scambi bibliografici e, nel 1841, la nomina di Geminiano Riccardi, suo primo bibliotecario. L’accrescimento della Biblioteca – nel 1861 il patrimonio ammontava ad oltre 20.000 volumi – portò con sé ripetuti traslochi. Dalla sede originaria, il palazzo dell’Accademia Atestina, sul fianco occidentale del Palazzo Ducale, nel 1845 la Biblioteca affittò più spaziosi locali all’interno del Collegio San Carlo, nel cuore della città, dove nel 1858 venne nuovamente riaperta, non appena concluso il riordino dei fondi Rangoni e Boschetti. Con la nuova sede la Biblioteca si dotò di un Regolamento, approvato nel 1860, e approntò rinnovati servizi. Particolare menzione meritano i bollettini bibliografici, pubblicati unitamente alle “Memorie”, che garantivano la tempestiva informazione sulle principali novità librarie acquisite dalla Biblioteca, ovvero il servizio di prestito ai soci di volumi e fascicoli dei periodici, che costituivano la collezione di interesse e peso maggiori dell’intera raccolta. Nel 1874 su iniziativa di uno dei suoi soci più celebri, Pietro Riccardi, la Biblioteca ospitò un Gabinetto di lettura, opportunamente dotato di periodici scientifici nazionali e stranieri, coinvolgendo anche le collezioni della Biblioteca universitaria, in una esperienza di cooperazione molto significativa e illuminata, per quanto presto ricondotta nell’alveo delle gelose autonomie delle due istituzioni coinvolte, in relazione al paventato assorbimento delle raccolte accademiche da parte della Biblioteca dell’Università. Furono questi gli anni di fulgore della Biblioteca, che allestì moderni cataloghi, accolse superbe donazioni, come la raccolta di epistolari del marchese Giuseppe Campori, fu guidata e retta da bibliotecari coltissimi e intellettuali di rara levatura come Giovanni Franciosi e il conte Giorgio Ferrari Moreni (capitolo III. La costruzione della Biblioteca dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Modena nel corso del secolo XIX, pp. 19-45).

Scampato il pericolo di venire unificata all’Universitaria e, in prospettiva, all’Estense, mediante un nuovo spostamento nei locali dell’Albergo Arti, sul limite occidentale della città, la fine secolo segnò un momento di chiusura della Biblioteca nei confronti della cittadinanza. Fu negato il prestito di volumi ai non soci e fu respinto il trasferimento in quello che si andava prefigurando come il luogo delle istituzioni culturali modenesi, il Palazzo dei Musei, a fine Ottocento deputato a ospitare la Biblioteca Estense, l’Universitaria, il Museo Civico e, nel corso del secolo successivo, altri importanti istituti della memoria cittadina. Temendo di perdere il bene prezioso dell’autonomia, dai primi del secolo la Biblioteca avviò un processo di isolamento delle raccolte librarie “al di là di porte che sono barriere quasi invalicabili”, evoluzione oggi ancora in corso, se dobbiamo tener ferme le parole che Ferdinando Taddei, suo attuale Presidente, ha destinato alla Presentazione del volume (capitolo IV. Il progettato trasloco nel “Palazzo dei Musei” (1891-1896), pp. 47-54).

Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del Novecento al Biblioteca mosse timidi tentativi di apertura al pubblico non accademico, come accadde nel 1899, con la proposta sperimentale di aprire le sale ai non soci persino nelle ore serali, pur rimanendo escluso il prestito agli esterni. Nel tentativo di inserire le proprie raccolte librarie nel circuito più ampio dell’informazione scientifica a livello locale e nazionale, l’Accademia partecipò nel 1913 al primo catalogo cumulativo delle pubblicazioni periodiche di Modena, ideato da Giuseppe Fumagalli e realizzato da Pio Lodi, bibliotecario all’Estense. Gli anni dell’ingegner Gusmano Soli jr., socio e segretario generale, conobbero l’ingresso di un fondo documentario di singolare interesse costituito dai manoscritti del matematico modenese Paolo Ruffini (1765-1822), membro dell’Accademia dal 1791 (capitolo V. La Biblioteca accademica all’inizio del secolo XX, pp. 55-62).

Con il Novecento, superato un nuovo trasloco a palazzo Campori e risorta dalle ceneri e dalla polvere del bombardamento aereo del 22 giugno 1944, la Biblioteca ha ricevuto sede stabile nel palazzo Coccapani solo nel 1946, anche grazie all’intervento del sindaco di Modena Alfeo Corassori. Da allora, pur tra mille problemi e difficoltà, soprattutto di ordine economico, i soci dell’Accademia hanno fatto fronte al costante bisogno di spazi per l’accrescimento del patrimonio bibliografico, alla necessaria e diuturna bonifica dei cataloghi, oggi inseriti nell’ottica della catalogazione partecipata ed informatizzata, alla valorizzazione dei fondi librari più antichi (in primis incunaboli e cinquecentine), alla organizzazione di servizi bibliotecari aperti al pubblico esterno, all’indispensabile apporto di risorse umane professionalizzate e stabilmente impiegate alle opere biblioteconomiche e bibliografiche che una moderna biblioteca richiede. Il patrimonio del quale dispone la Biblioteca dell’Accademia, ricca di oltre 100.000 volumi, in città seconda solo all’Estense, spicca per la dotazione dei periodici scientifici, ricevuti in cambio delle “Memorie”, i quali nel 1955 ammontavano già a 1.025 titoli, 355 dei quali correnti, 260 pubblicati all’estero (capitolo VI. Il trasloco a Palazzo Campori (1939-1940), pp. 63-68; capitolo VII. Il bombardamento del 22 giugno 1944 e il trasloco nell’attuale sede di Palazzo Coccapani-Rango d’Aragona, pp. 69-76; capitolo VIII. Tra ricostruzione e nuova costruzione: da Giuseppe Pistoni a Pericle Di Pietro, pp. 77-90).

Ancora numerose sono le direttrici di ricerca aperte dallo scavo della Missere, la quale, lo auspichiamo, non arresterà a questa brillante prova, il suo acutissimo zelo indagatore. Gli strumenti di indicizzazione delle antiche raccolte, i cataloghi storici, allestiti da Teodoro Ferrari e da Giovanni Franciosi sono appena accennati e lasciano il lettore nella curiosa attesa di sviluppi e indagini futuri, il primo, che risale agli anni ’60 del XIX secolo, oggi perduto, era a schede mobili, mentre il catalogo a volumi del Franciosi, autografo e databile fra il 1871 e il 1883, è stato sostituito solo dalle moderne schede in formato internazionale.

La Missere ha inoltre aperto lo squarcio su innumerevoli raccolte librarie, appartenenti a istituzioni e privati, delle quali, grazie anche agli inventari conservati nel ricchissimo Archivio accademico, sarà possibile ricostruire il peso e il valore bibliografico, contribuendo così a tratteggiare la storia della circolazione del libro a Modena non solo tra Otto e Novecento, epoca di più cospicuo accrescimento delle collezioni bibliografiche dell’Accademia, ma anche in secoli più lontani. Mostrano questa possibile via di sviluppo le tre preziosissime Appendici bibliografiche (pp. 101-198), le quali presentano la parziale ricostruzione della Biblioteca dell’Accademia di belle arti, poi confluita nella Biblioteca dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena.

Con la certosina pazienza dell’esame diretto a scaffale la Missere ha individuate ben 298 edizioni, puntualmente riscontrate sugli inventari conservati nel locale Archivio di Stato, provenienti rispettivamente dal Monastero benedettino di San Pietro e dai conventi di San Domenico e di San Barnaba di Modena. Da quelle Appendici spuntano i nomi di quanti contribuirono a raccogliere libri ed ammassare biblioteche, poi disperse nel corso dei secoli e solo in parte ricostruibili grazie ai segni e alle tracce di possesso che ancora quegli antichi testimoni portano con sé.

Il volume si chiude con altre quattro Appendici documentarie (pp. 199-208) e un compitissimo Indice dei nomi.

 

Paolo Tinti 

Accademie e Biblioteche d’Italia, a. LXXI (3° Nuova serie), 1-2, 2003, pp. 126-129.   

Testo edito su concessione del Ministero Beni Culturali e Ambientali, DG-BID, SERV_2, 0025490 29/10/2010 Cl. 31 13.07.10/15.